Ristorante, Valori

La cucina biologica delle Dolomiti con qualcosa di più: il menu stagionale di Matteo Simonato, lo chef di Ciasa dò Parè

È luglio, la Val di Fassa è fiorita e tira sempre quell’arietta fresca che rende l’estate in montagna diversa, speciale. Fa chiaro presto, la mattina, e le luci sono limpide, bellissime.

estate val di fassa

Come le api, tutto il giorno al lavoro per nutrire la loro regina, anche noi si lavora tanto. Raccogliamo, coltiviamo l’orto e abbiamo cura degli animali, per portare i nostri prodotti biologici in laboratorio gastronomico e nella cucina di Ciasa dò Parè, dove lo chef Matteo trae ispirazione da ogni profumo e da ogni ingrediente. Matteo ha portato con sé una ventata di idee e tanta, tanta passione. Oggi vogliamo raccontarti di come ci siamo conosciuti: un colpo di fulmine!

Ci siamo scoperti per caso, ma non è un caso che ci siamo scelti. Con Alessandro avevamo aperto da poco il profilo Instagram di Ciasa do Parè, e mentre scorrevano le immagini di altre pagine ci ha colpito una foto: in primo piano uno sciroppo di pigna e sullo sfondo il nostro paesaggio, proprio quello davanti all’agritur. Incuriositi, abbiamo visto che il post era di Matteo Simonato, che viveva vicino a noi e che faceva lo chef. Così lo abbiamo contattato, col desiderio di scambiare qualche idea e conoscerci di persona. 

Al primo incontro, qui in osteria, Matteo è arrivato con una focaccia preparata per l’occasione. Noi abbiamo tirato fuori i salumi, ci siamo seduti e abbiamo iniziato a parlare, prima intorno al tavolo e poi abbiamo proseguito fuori, camminando nei prati. Era la stagione del tarassaco. Lo abbiamo raccolto insieme, scoprendo che anche il foraging delle erbe spontanee era una passione comune, come molte altre. È iniziato tutto così. 

Ci siamo trovati subito come sensibilità, perciò è stato facile sviluppare insieme il progetto di cucina che avevamo in mente per Ciasa do Parè: piatti buoni, genuini, profumati, preparati con ingredienti biologici del territorio, che rispettano l’ambiente e chi lavora per preservarlo. Nel nostro menu di stagione la cultura contadina regna sovrana, e al tempo stesso è trasformata per offrire sempre qualcosa di nuovo rispetto ai classici della tradizione. In ogni piatto troverai un distillato della nostra terra, con quel qualcosa di più che viene dalla ricerca e dalla creatività di Matteo.

Oggi abbiamo deciso di intervistarlo, in modo che sia lui a raccontarti la sua storia, i sapori che ha più cari e il percorso che l’ha portato qui, facendo un lungo giro per il mondo. 

Matteo, da quando ami la cucina? Era una tua passione fin da bambino?

Da piccolo non avrei mai pensato di diventare uno chef, tanto meno che avrei girato il mondo per lavoro. Però ho avuto la fortuna di avere dei super nonni. Da loro pranzi e cene si trasformavano sempre in un’esperienza culinaria. La tavola era imbandita come quelle in tv. Abitando lontano, ogni volta che li andavo a trovare, la nonna mi preparava cose speciali, che a casa di solito non mangiavo, compresa la selvaggina del nonno cacciatore. Mi ricordo di beccacce, germani reali, fagiani… e poi c’erano i salumi scovati dal nonno in giro per l’Italia, straordinari, le lumache e le trippe della nonna, i suoi paté di frattaglie con le gelatine, indimenticabili. Grazie a loro, e anche a mia madre, credo di aver coltivato quella curiosità che ha acceso la scintilla. Forse proprio queste esperienze mi hanno spinto a frequentare l’istituto alberghiero e a dedicarmi alla cucina.

Che cosa hai trovato a Ciasa do Parè?

La collaborazione con Ciasa dò Parè è nata per caso, come ha raccontato Aurora.

In questo agriturismo ho trovato un parco giochi per professionisti, che oltre alla cucina offre diversi laboratori di preparazione: dal caseificio alla salumeria, dalla selezione dei tagli di carne del nostro allevamento al laboratorio delle api dove produciamo il miele biologico di fiori di alta montagna. Un’arte, quella delle api, che ho sempre sognato di imparare e che non avevo mai avvicinato. Alessandro e Aurora mi stanno facendo appassionare ogni giorno di più a questo mondo. E soprattutto mi danno la possibilità di praticare questo mestiere assieme a loro.

Nei menù stagionali di Ciasa dò Parè ci sono gemme di pino, fiori, licheni… Certi piatti sono come una passeggiata tra i prati e i boschi delle Dolomiti. C’è qualche materia prima irrinunciabile nella tua cucina? Che cosa la rende unica?

Un ingrediente che non dovrebbe mai mancare in una cucina secondo me è la curiosità. La curiosità di continuare a ricercare, conoscere, studiare e apprendere da nuovi abbinamenti.

Gli ingredienti che amo di più in assoluto sono le spezie e le erbe spontanee: sono quei piccoli dettagli che aggiungono valore e carattere alle ricette e che ti permettono di viaggiare restando a tavola. Se dovessi scegliere, l’ingrediente che non dovrebbe mai mancare in una cucina di montagna è l’abete rosso. Profumatissimo e saporito, lo utilizziamo molto, sicuramente ci caratterizza.

Raccontaci di più della tua storia e del tuo incontro con queste montagne, con i campi e con la tradizione contadina

Sono nato a Milano e cresciuto in Veneto fino ai 18 anni, poi ho iniziato a fare il nomade gastronomico in giro per il mondo. Il mio rapporto con le tradizioni contadine nasce da piccolo grazie a mio papà, che mi ha insegnato il rispetto per la natura, i prati, i boschi e le montagne. Conoscitore di erbe spontanee e di alcune varietà di funghi, mi ha insegnato e tramandato il suo sapere. Diventando grande ho affinato queste conoscenze e ho continuato a studiare per arricchirle. 

Sono approdato in Val di Fassa grazie a Carlotta, la mia compagna di vita, originaria di questi luoghi. All’inizio ero un po’ titubante, arrivando da grandi città non ero sicuro che la tranquillità fosse per me! Con grande stupore invece ho trovato delle persone che avevano la mia stessa visione della ristorazione: cibo sano, genuino e soprattutto vero, preparato sapendo cosa mangiano e come vivono gli animali. Dal latte fresco agli ortaggi raccolti nell’orto, fino alla carne di capi allevati da noi a cielo aperto. Tutto praticamente a km zero. Insomma, sarò di parte ma qui le materie prime sono davvero autentiche e sane.

Matteo, hai viaggiato tanto: raccontaci quali terre, incontri e culture ti hanno arricchito di più e quanto è importante per te sperimentare

Ho viaggiato, sì, sia per lavoro che per vacanza, ma principalmente per lavoro. La mia prima esperienza all’estero, a 19 anni, è stata in Australia. Ed è stata la più significativa, perché mi ha fatto conoscere gusti, sapori incredibili che mi hanno aperto un mondo. L’ Australia è ricca di influenze, soprattutto asiatiche, che mi hanno colpito e affascinato. L’ho scelta perché da piccolo avevo visto Tommy Tricker e il francobollo magico. Era la storia di due bambini che si spostavano da una parte all’altra del mondo grazie a speciali francobolli magici. E una delle loro destinazioni era proprio l’Australia. Da allora ho sempre voluto andarci.

Indubbiamente il mio arricchimento culturale gastronomico lo devo molto all’Asia, ai suoi sapori e alle sue persone. In qualsiasi posto di questo immenso continente mi sento a casa per via della gentilezza: tutti mi trattano come fossi uno di loro e condividono con me le loro tradizioni e il loro prodotti tipici, anche quelli per noi più insoliti. Ogni volta che sono in Asia scopro qualcosa di nuovo e rimango sorpreso: quanti ingredienti fantastici ci sono ancora da scoprire. Mi ripeterò, ma devo tantissimo a questi luoghi dove ho scoperto un mondo camminando nei mercati, nelle foreste pluviali, negli angoli più sperduti.

Ho imparato molto anche dai paesi arabi, trovando sempre la stessa accoglienza nei confronti della mia curiosità. Sapori forti, spezie, profumi che porto dentro e che hanno valorizzato sicuramente il mio stile di cucina. La cucina che faccio ora è adattata alla geografia delle Dolomiti, è naturale per me scegliere i prodotti del territorio, quelli autentici, e soprattutto sani. Cerco di valorizzarli in ogni piatto e di trasmettere una bella esperienza a chiunque lo assaggerà. La cucina di stagione è una scelta che richiede tempo, conoscenza delle materie prime, capacità di stoccaggio e di saper lavorare e conservare al meglio la materia prima, preservandone sapori e profumi.

La soddisfazione più grande nel tuo lavoro?

La soddisfazione più grande è quando i clienti e i colleghi riescono a capire quello che vuoi trasmettere attraverso i piatti. È bellissimo quando ti senti dire “Wow, mi hai fatto viaggiare attraverso il bosco, ed io dentro ad un bosco non ci sono mai stato!”.

Nel menu estivo di Ciasa do Parè cosa suggerisci, così, per stuzzicare l’appetito?

Un primo! Lo spaghetto al pesto di pino mugo e gemme d’abete: è un distillato di suggestioni delle Dolomiti con un richiamo orientale: ricorda un po’ i noodles asiatici, con qualche sentore quasi agrumato.

Grazie Matteo per il tuo racconto, ora torniamo in postazione!

Le parole del nostro chef ti hanno incuriosito e fatto venir voglia di montagna? Allora siamo felici di accoglierti all’osteria di Ciasa dò Parè. Siamo aperti a cena tutte le sere tranne il martedì, a pranzo il venerdì e la domenica.

Ti aspettiamo!